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mercoledì 16 settembre 2015

Giudizi Universali e Teleangectasie

 
 
 
Nell'arco della mia vita ho sempre rifuggito il giudizio altrui.
Gli esami, gli occhi di un uomo, quelli di un genitore. E per finire gli occhi miei attraverso il riflesso atroce dello specchio.
Ogni tribunale dell'ego che vedesse me come imputata unica, m'infastidiva oltremisura.
Potevano darmi tutto.
Perfino uno schiaffo, una carezza, uno "stronza" viscerale . Ma un giudizio ben formulato e ben argomentato beh no, grazie.
 
Il sovvertimento di questo teatrino egocentrico lo ebbi senza preavviso.
 
Accadde in un maggio timido, era cristallizzato nello sguardo severo del mio mentore.
 
"Che cos'è?"
 
Avevo davanti un' immagine ingrandita con uno speciale strumento medico e dietro quei pixel ad alta risoluzione avevo una donna e davanti a quelle macchie di colore avevo il mio camice bianco ben stirato, con me profumata di Armani inevitabilmente abbottonataci dentro.
 
"Dimmi cos'è e scrivilo su questo foglio."
Sotto la voce "dubbio diagnostico" ero chiamata ad esprimere un giudizio.
Fu la prima volta che etichettai un pezzo di pelle come carcinoma, fu la prima volta che da giudicata divenni giudicante.
 
Da quel maggio non smisi e presi a sedere tanto al banco dell'accusa, quanto al banco degli imputati.
Con enorme ed inattesa disinvoltura.
Provare nuovi punti di vista può salvarci la vita. O perlomeno, può renderla più divertente.
Provateci anche voi, animi imperturbabili.
Provateci anche se siete abbottonati in un camice bianco, provateci anche se stringete una ventiquattrore piuttosto che un martelletto da giudice.
Provateci soprattutto se temete di sbagliare.
 
E vedrete, vi salverà.
 
 


martedì 25 agosto 2015

Post.

[Jack Vettriano]

"."

Immaginate di essere riemersi, dopo l'apnea. 
Dopo che l'ossigeno l'hai consumato tutto, un secondo prima del debito d'ossigeno.
Respiro profondo, riappacificazione con l'aria.

Oh, sì.

Mettetevi comodi, amici lettori, perchè così oggi sono io. 
E così oggi, io scrivo.


Nei paesini c'è un profumo, per le strade, che solo ad immaginarselo mette nostalgia.
Un odore di pane e di piante aromatiche, soprattutto alle dieci di mattina.
La gente ride di gusto e va piano, alle volte ti bestemmia perchè hai parcheggiato male, ma è simpatico così.
O almeno, a me piace.
Tornare.
A me piace la calma di ciò che non cambia nè vuole cambiare.
A me piace l'immutabilità di queste terre pigre.

Stamattina una donna vestita di nero mi ha detto, in italiano stentato, che ha accoltellato almeno quattro uomini in gioventù. 
Lo diceva sorridendo, con un velo malvagio dietro un cristallino opaco di cataratta.
"Un centimetro, figliulè. Un centimetro e uno lo facevo fuori."
Ha insistito sul sangue, con dovizia di dettaglio.

"Non ha avuto paura?"

La mia domanda le ha fatto cadere il velo opaco e la signora ha aspirato la sigaretta.
Ha aspirato ben due volte.
E quel fumo denso, corposo, mi è parso strano, quasi mistico, sul bordo delle labbra screpolate di una donna anziana meridionale.

"Cazzo se non ne ho avuta. Però ti devi ricordare che se hai paura hai finito, non campi più."

Una risata, due.
E io adesso devo proprio andare chè tanto, la risata, era amara per entrambe.

sabato 15 agosto 2015

Hezelnut.


[Ancient Wood - Steve Engelmann]

"Gli occhi."
Il paesaggio è bellissimo.

"Scosta gli occhiali, non li vedo bene."
Il paesaggio è verde e bagnato di pioggia e profumato di terra.
"Hezelnut."

Nocciola, contorno eyeliner, codette spesse.
Mantra del definiscibenelecodette.
"Codetta: per definizione, nella lesione da arma bianca, si dice codetta il prolungamento presente in entrata ed in uscita rispetto al tagliente"
In medicina legale me l'hanno insegnato. Ed io ho capito: lo sguardo è un fendente.

"Dai, scostali, non farti pregare."
Intanto la pioggia mi bagna le lenti, mi scivola sul collo.
Taci.

P. ci fissa e si chiede in quale diamine di casino stia cacciando il mio ego vestito di jeans strappati insieme a quello, etereo, di lui.
"Vieni a ripararti, ti stai bagnando."
Sì, ma lui è più bagnato di me ed io sotto questa lente nera non graduata ho due paia di fendenti.
E non so se posso, e non so se..
Sulle soglie del bosco non odo parole che dici, umane.

"M., hai due occhi molto belli."
Due ragazzi stanno facendo il bagno in uno specchio d'acqua ghiacciato, una donna bacia il marito.
Trentanove anni di matrimonio, ce lo dice, mentre io ancora m'interrogo sui minima moralia e sulle codette invertite.

E piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, 
su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, 
su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.

Solo il panteismo riesco a possedere, perdono.

venerdì 31 luglio 2015

[Manara]

Con N. Poteva essere perfetto.
Forse.
Stessa testa, stessi luoghi, stessa anima in pena.

Con N. Poteva essere giusto.
Forse.
Però i luoghi erano non luoghi e gli spazi erano solo in parte reali.

Con N. Potevamo essere sereni.
Forse.

Però qui ed ora, N. Non c'è.
Ci sono solo i non luoghi e gli spazi non reali.
E forse la serenità,  ma questo chi può dirlo a 24 anni, a 38 esami dati e a pochi attimi dalla laurea in medicina e chirurgia.

Con N. Sarebbe stato bello sorridere in camera con la tesi in mano. Brindare col moet fatto invecchiare col sughero profumato di bollicine e commozione. Sorridere dell'arrotolata durante l'esposizione e del vestito troppo serio, sempre troppo serio.

Ma ora io ed N. Apparteniamo al non-tempo, siamo confinati nel non-spazio.
Io ed N. Siamo ciò che poteva essere eppure non è stato, mai. Forse.

Il mare profuma di buono e probabilmente di pace.

Potrei chiudere questo spazio, anche questo è giusto così.

martedì 2 giugno 2015

Cos'è che manca?

[Parra - Sense of Guilt]

E' tutto buio ma qui la luna mi scivola sulle forme e me le ridisegna.
E' tutto buio e qui ci sono le lucciole - fanno delle linee nell'aria -  io nemmeno lo sapevo.

Liti, liti forti, liti accese.
Stappiamoci almeno una bottiglia, così, mal che vada, avremo almeno la consolazione di un buon sapore a stuzzicarci il palato.

Questa terra fa schifo e non la conosce nessuno.
In questa terra non c'è nulla fuorchè noi ed il male di vivere.
Perfino Cristo ha deciso di fermarsi ad Eboli, chè più avanti era meglio non addentrarsi.

Il buio, i grilli, le candele aromatiche.
Il tabacco che disegna cerchi nell'aria.
Il cemento che mi sfonda la schiena, e che ti entra nelle ginocchia.

Ma è un secondo e l'aria si è cristallizzata.

Facciamo pace, in silenzio.
Ma è un secondo e l'aria...

Facciamo pace dopo l'affanno.
Ma è un secondo e...

Facciamo pace in mezzo ai gemiti, alle foglie di vite sporcate di zolfo
Ma è un secondo...

Facciamo pace e basta, non ci pensiamo più.

martedì 7 aprile 2015

Non servono allo scopo

[Veronika Richterova]

Are you going to Scarborough Fair? 
- parsley, sage, rosemary and thyme - 
Remember me to one who lives there, 
She, once, was a true love of mine.
[Scarborough Fair - Samuel and Garfunkel]

"Mi devi dire come si fa ad essere così seri a venticinque anni"
Fuori è freddo e a me pare la vigilia di Natale, piuttosto che il sabato Santo.

Sono nel pieno della decontestualizzazione che da sei anni mi porto appresso, in un posto poco raccomandabile, poco per signorine.

Ecco, io lo sapevo.
Io lo sapevo che non dovevo più deragliare.
Io lo sapevo che dovevo rimanermene strizzata nel mio cappotto nero damascato, nell'odore inebriante del mio Eau de Parfum.
Ma qui tutto questo non ha senso.
Ma qui tutto questo non ha una connotazione sua, perchè l'Eau de Parfum si perde nel tabacco che brucia, nel pino silvestre dei dopobarba maschili e nell'appiccicaticcio dei gloss delle rampanti diciottenni.

Ferma, non ti muovere.

Io lo sapevo.
Io lo.
io...

Quando m'annoio mi butto nelle situazioni più strane e più promiscue, mi destabilizzo.
Faccio un'operazione strategica di autosabotaggio, mi sottopongo ad un test autovalutativo per il mero gusto di vedere come va a finire.
Per Curiosità.

E così finisco per diventare la macchia di colore dei luoghi grigi, la nota dissonante dello spartito.

"la vuoi una birra?"

Mi guardo le scarpe lucide e mi chiedo quali argomenti di discussione potrei mai tirare fuori, qui e adesso.
Qui e adesso e qui davanti ad un quarantenne con un figlio, ubriaco già alle dieci di sera, che mi chiede se voglia una birra e come si faccia ad essere così seri, a venticinque anni.

Mia sorella mi guarda interdetta e con le ciglia allungate dal rimmel mi supplica di andare, perchè l'ambiente è inadatto, perchè noi non ci si può rimanere un secondo di più.

"io a venticinque anni andavo a ballare a Rimini, ma sono ancora giovane, vedi? 
Tu quanti anni mi dai?"

Gli ubriachi dicono la verità e io dico le bugie dei perbenisti.
Io dico le bugie oneste.
Chissà chi, tra noi due, finirà prima all'inferno.

"Evita le parole stravaganti! 
Tutti i termini pedanti 
non servono allo scopo."
[P. Roth]

Buona Pasqua.
Astro

sabato 28 marzo 2015

Cose sacrosante


[Paul Kelley]

Ci sono cose normali 
Tipo perdere tempo 
Perdere tutto per niente 
O innaffiare le piante 
E le vite in salita 
O l’amore di schiena.
Quanto è bella la pelle, 
Quanto è bella la tua.
[Nascondigli per i cani - Eva Mon Amour]

Ottimo.
Dopo un assenteismo storico, riemergo.
Avrei molto da dire e molto da tacere e cercherò di trovare un capo a questa matassa di pensieri, avvolti da scadenze da onorare ed esami da finire.

"Ti ho portato un regalo, ma aprilo davanti a me"
E' C. che mi sorride imbarazzata, sotto il neon.

"A me?"
Sorrido di rimbalzo.
Sotto l'innocenza di un incarto verde, c'è proprio un Manara.

Una volta regalai dei cioccolatini ad uno dei miei mentori.
"Mi-scusi-s'è-poco" 
"Non è poco nessun pensiero che abbia come oggetto me."
La stima che ho imparato a provare per chi si porta al dito, non ha pari.
E' sullo scranno più alto che siede questa categoria umana, nella mia personalissima ed effimera scala di valori.


Ci sono cose sacrosante a questo mondo.

Ed una è la libertà.
La libertà piena, quella che ti autodetermina e ti permette di chiamarti per nome.
E di farlo ogni mattina, e di farlo con fermezza davanti a te stanco, te ammalato, te pensieroso.
A te che, nonostante le accezioni, sei il riflesso dello specchio.

L'altra è lo charme, più o meno velato.
La smagliatura del pensiero puritano, il gancio slacciato del self-control.

E l'ultima è l'imbarazzo, delicato, di C.


Devo dare un perchè a questo tempo che corre e mi manda in apnea.
Io devo.

Vi abbraccio.

giovedì 1 gennaio 2015

Triangolazioni improvvisate e Rivoluzioni in stand-by

[Frozen in time - Rune Christensen]

“Tutti gli uomini sono pazzi. 
E chi non vuole vedere dei pazzi 
deve restare in camera sua. 
E rompere lo specchio.” 
[ Donatien-Alphonse-François de Sade]

Oggi caldi flussi di coscienza per voi - tra mille mie assenze - amici miei.

"Oh, allora? Che dite? Come va?"

Caffè nel pomeriggio, solito triangolo.

"Cazzo vuoi che ti dica, Astro."

Deep spesso esordisce così, tra il mesto ed il "me ne fotto". 
Spesso e volentieri con un cazzo o con un sticazzi. 
Eppure è lesbica.
Ma questa è n'altra storia.

"Di merda."

Abbassiamo gli sguardi. Certe triangolazioni emozionali fanno assai male.

"E tu, F.?"

F. è sempre foriera di novità, e questo noi lo sappiamo.
Era foriera di novità già dal liceo, quando ci raccontava di questo o di quell'altro tipo che aveva conosciuto in un luogo geografico non ben precisato, o ricordato. 
Oppure ci diceva di questo e di quell'altro tipo, insieme.
Storie assai complesse, chè a ricordarle in questo marasma di "auguriauguri" e di camicette bontòn, senza nemmeno una vodka sottomano, fanno assai saudade.

"Parto per la Siberia, sto via tre, forse quattro mesi. Ancora non lo so."
"E M.?"
"E M. boh, che ne so. Verrà a trovarmi."

Un po' di sconvolgimento.
Io e Deep ci guardiamo.
Un sorriso complice, macchiato di topping alla nocciola.

Per me un altro caffè. Chè, sta dannata caffeina, è sempre troppo poca.

"Astro, tu?"

Non ho cazzi da frapporre tra me ed il triangolo, nè viaggi in Siberia con cui deliziare gli interlocutori.

"Studio, che devo fa."

"Cheppalle oh."

Son sei anni che il copione si ripete, fedele a se stesso. 
Al mio "studio", pronunciato dietro lenti sempre più spesse, fa eco un sonoro cheppalle.

Stavolta ci spariamo una mezza risata.

"Se fai psichiatria veniamo da te."
"Sarei fallimentare, mi si ammazzerebbero tutti."

Risata bagnata di brandy. E di ricordi. 
Col triangolo abbiamo vissuto bei momenti.
Megafoni in mano, converse ai piedi, nottate cinematografiche, pipe turche e superalcolici di qualsivoglia natura. Feste, festini, case vuote e case da riempire.

"Quando ci rivediamo?"
"Presto."

Presumibilmente è finita qui, la nostra personalissima ed ambitissima rivoluzione.
Si è poggiata sul bordo del caffè corretto di Deep, sui caratteri stampati dei biglietti aerei di F. e sulle sottolineature a righello dei miei libri.
Un giorno la riprenderemo, ma questo, qui ed ora, io non lo so.

Oggi è il primo giorno di un principio nuovo. E questo basta.
Buon anno.
 

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